Vittorio Silvestrini

12 Giugno 2016

Qualità, Vittorio Silvestrini:
Non c’è sviluppo senza ricerca

“Egrave; del tutto abituale che un cittadino normale si muova oggi da un punto all’altro della città a bordo di un Suv che pesa un migliaio di chili (e dunque trasporta soprattutto se stesso) mosso da un motore di duecento cavalli. Nella più ricca civiltà del passato, nemmeno il più sfarzoso degli imperatori avrebbe trovato ragionevole e decente farsi trasportare in giro per la città su un carro trainato da cento o duecento cavalli”.
Ecco una pillola di saggezza dispensata da Vittorio Silvestrini, ordinario di Fisica all’Università Federico II di Napoli, creatore e “architetto” di quella che fu “Città della Scienza” di Bagnoli distrutta da un incendio il 4 marzo 2013. Lo science-center che tutto il mondo invidiava alla città e che Silvestrini – con grande fatica – sta cercando di guidare verso una difficile rinascita.
Dai semi di futuro che Vittorio Silvestrini continua a spargere nella cultura scientifica di mezzo mondo – contaminando i sentieri dell’innovazione che l’Italia e l’Europa stanno provando a imboccare per superare la crisi – riprende,
dopo una breve pausa tecnica, la serie di interviste che l’Ordine dei Chimici della Campania ha deciso di dedicare al tema della qualità nel segno del binomio inscindibile con lo sviluppo che questa sempre determina.
Si parte proprio dall’approfondimento del concetto di Economia solidale e consumo consapevole.
Per superare le crisi, in ogni epoca – avverte Silvestrini – gli illuminati e le elite culturali del tempo, hanno sempre prima focalizzato l’attenzione sui bisogni e le necessità delle genti e poi innescato lo sviluppo innovando i processi produttivi. Oggi con le nuove tecnologie le possibilità sono pressocheacute; sconfinate e il vero sviluppo, la vera qualità, si hanno solo guardando fisso alla spia dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. Una variabile oggi discriminante per misurare la qualità di vita di una popolazione e dell’intera umanità.

La qualità e lo sviluppo sono dunque funzionali alla qualità della vita?

Il bene primario è la qualità della vita. Una costante che è condizione dello sviluppo. Ma nel mondo di oggi senza sviluppo, senza competitività, non c’è qualità della vita, e non c’è nemmeno qualità dell’organizzazione sociale, neacute; qualità della produzione, come pure qualità del lavoro dell’ambiente. Abbiamo normato bene in questi anni su questi settori, sulle regole per ambiente ed l’equità sociale siamo all’avanguardia ma sono in corso fenomeni regressivi a causa della crisi e anche le vecchie conquiste civili sembrano vacillare.

Percheacute; ciò accade? La causa è nella globalizzazione o nell’assenza di regole su cui si fonda il boom delle produzioni industriali asiatiche?

L’Europa, ma soprattutto l’Italia, soffrono di un peccato originale.

Quale?

Nel dopoguerra, quando doveva voltare pagina dopo un regime folle e fallimentare, ha intrapreso la strada dello sviluppo senza ricerca. Senza investire sulla ricerca. Lo sviluppo economico è stato acefalo, disordinato, pilotato dalla politica, drogato dal debito pubblico. E ora i nodi sono tutti al pettine. Per questo soffriamo più della Germania, della Francia, dell’Inghilterra.

Ma tutti gli Stati soffrono a causa di questa crisi, compresi gli Usa.
Si è vero, ma il modello per superare lo scoglio ligrave; è collaudato.

Si? E qual è?
E’ quello del cosiddetto progetto Manhattan, risalente alla presidenza Roosvelt, iniziato durante la seconda guerra mondiale quando ciascuna Università al di là dell’oceano uni le proprie forze e le proprie competenze per fare rete e per sviluppare un sistema della ricerca tesa all’innovazione, alla qualità e allo sviluppo. Un progetto poi continuato da Truman.

La ricerca dunquehellip;
Lasciare briglie sciolte e dare risorse ai luoghi e agli uomini del sapere soprattutto scientifico è fondamentale per creare ponti e mobilitarsi per il bene del Paese.

I finanziamenti: devono essere pubblici o privati?
Le risorse devono essere in primo luogo pubbliche per garantire l’evoluzione e il miglioramento della società. Tutto questo poi attira i finanziamenti privati per la ricerca.

Genetica, fisica matematica: le eccellenze campane della scienza sono indiscusse. Non generano ricadute sullo sviluppo e sulla qualità: Come mai?
Produciamo ricercatori eccellenti, è vero, ma l’industria punta sui bassi costi e sul massimo profitto immediato. Gli investimenti non sono mai a lungo termine. Cosigrave; il sistema e la comunità scientifica hanno le loro pecche: sono una corporazione e sono concentrati a riprodurre se stessi. Cosigrave; non si va da nessuna parte anche con i ricercatori migliori che emigrano per cercare fortuna laddove le scuole dovrebbero assorbire tutti i ricercatori che producono. L’importante sarebbe garantire un posto di lavoro ai giovani nel nostro paese non tanto nella regione o città di origine. Ma anche il paese è profondamente diviso, disorientato, regressivo. Le imprese non fanno impresa e il sistema della ricerca è bloccato. Un corto circuito dal quale occorre uscire subito prima che sia tardi.

Le imprese dunque: Confindustria ha il dito puntato sulla politica:
E probabilmente ha ragione ma l’analisi non è completa. Con tutto il rispetto per il ruolo di pungolo e di stimolo avuti in questi anni tra tutte le uscite fatte sulla crisi e sulle disamine su come se ne esce l’associazione di imprenditori non ha imputato nulla alla mancanza di visione orientata alla ricerca delle stesse imprese. Tutto ciò non è credibile.

Nelle scienze quale posto occupa la chimica?
La chimica nell’ambito della ricerca di base è centrale. Ancorcheacute; spesso bistrattata, considerata a torto territorio dei misfatti ambientali, è invece l’architrave su cui costruire un mondo più pulito, a misura d’uomo. La scienza di per seacute; non è mai pericolosa. E’ l’uso semmai distorto che se ne fa a renderla tale. E la chimica per le potenzialità che esprime è nel bene e nel male spesso protagonista. Tra l’altro è uno dei pochi settori in cui l’Italia è all’avanguardia in Europa. Una delle eccellenze in un settore strategico su cui puntare per conseguire qualità e sviluppo. Basta pensare alla chimica applicata alla Salute, ai biomateriali e ai materiali compositi, all’idrochimica. La chimica è uno dei grandi settori in cui ricerca di base e applicata possono garantire innovazione, crescita e benessere.

Appunto, ma come si fa a conseguire qualità e sviluppo in un paese come l’Italia che trascura le eccellenze della ricerca?
L’Italia deve sviluppare un proprio modello, costruire un originale progetto di crescita, partendo dalle fratture con il passato, dalla consapevolezza che non tutto ciò che emerge nel nostro paese è adeguatamente finanziato. Anzi, molte meritevoli linee di crescita e di sviluppo sono lasciate languire. Non ce lo possiamo più permettere.

I centri regionali di competenza della Campania sono stati un modello da seguire? Lo sono ancora?
Il modello corretto credo che sia quello che punta sulla ricerca fondamentale e attrae capitali. Chi fa ricerca deve poter fare ricerca. Chi fa impresa deve fare il proprio mestiere. La commistione deve avvenire a valle non a monte. Ci vogliono trasparenza e chiarezza. Città della scienza è stata un esempio di qualità per lo sviluppo di una cultura scientifica che parte dal Sud.

Anche quella una stagione tramontata?
Città della Scienza era una creatura preziosa, ben fatta, capace di avere impatto nel sistema della cultura locale e non solo. Per costruire quella realtà abbiamo impiegato decenni. La sua distruzione, quali che siano le cause, poteva innescare due reazioni: la disperazione e la paralisi ovvero la voglia di riscatto, una reazione generalizzata per ripartire in quarta.

A che punto siamo?
E’ triste dirlo ma stiamo procedendo lentamente.

Qual è il nodo, la disperazione?
No, la politica e la burocrazia. Si spieghi meglio La reazione di quella che chiamiamo società civile c’è stata. Abbastanza forte e sentita per superare le difficoltà di una ricostruzione.

E allora?
Lo scoglio da superare è la burocrazia. E anche la mancanza di volontà politica chiara. E’ paradossale, ad esempio, che il Comune di Napoli anzicheacute; essere al fianco di chi tenta in ogni modo di ripartire per dare un segno tangibile alla reazione, abbia invece un atteggiamento burocratico e si trinceri su questioni fuorvianti rispetto all’obiettivo.

A cosa si riferisce?
Al fatto che si continui a cavalcare le difficoltà e a dare spazio ad altre iniziative. Sono passati ormai 14 mesi dall’incendio e l’accordo di programma non è stato ancora firmato. E’ una scelta politica miope e inaccettabile subordinare la rinascita a un presidio ambientale che tutti vogliono e che, inteso come vincolo assoluto, porta alla paralisi e al blocco.

Qual è, oggi, l’importanza di una comunicazione scientifica estesa al grande pubblico?
Il ragionamento di fondo parte dalla convinzione che la principale materia prima dello sviluppo sia il sapere scientifico. Se un Paese non utilizza questa risorsa resta indietro, è destinato a perdere competitività sul piano internazionale.
C’è poi un altro aspetto da considerare ed è un aspetto che ha a che fare con la dimensione sociale del problema. Lo sviluppo scientifico, infatti, fa da battistrada allo sviluppo di civiltà e, se non è accessibile a tutti, diventa un fattore di non equità. Percheacute; le scelte del futuro, inevitabilmente legate ai risultati della scienza, siano diffuse e partecipate, devono essere scelte consapevoli. La comunicazione scientifica ha anzitutto la responsabilità di prefigurare a chi scienziato non è quali siano i sentieri percorribili, ma anche quali siano i rischi ad essi connessi.

C’è stato un momento preciso, nella sua carriera di uomo di scienza, in cui ha deciso di dedicarsi in modo consistente alla divulgazione scientifica?
Effettivamente c’è stato un momento in cui ho fatto la scelta di dedicare una porzione rilevante della mia attività alla diffusione scientifica.
Quando facevo ricerca di big science nel settore delle particelle elementari, vivevo in prima persona una forte contraddizione: mi trovavo all’interno di un’organizzazione complessa, paragonabile a quella industriale, che effettuava cospicui investimenti (in termini di risorse economiche, strumentazioni, progetti), senza che però poi i risultati di tali investimenti fossero condivisi con la società.
Quando successivamente ho vinto la cattedra a Napoli, mi son trovato di fronte alla scelta se continuare a fare ricerca in un ambito anche internazionale, ma pur sempre elitario, o diffondere la scienza affincheacute;, al contrario, non si chiudesse nella sua torre d’avorio. Ho sostenuto sempre di più questa seconda alternativa, vedendo crescere il mio impegno per la diffusione scientifica. Credo che sia possibile stabilire un parallelismo tra il percorso intrapreso dal mio interesse di ricerca, che si è spostato dalle particelle elementari alle energie rinnovabili, e la mia volontà di diffondere il sapere scientifico percheacute; diventi patrimonio di tutti.

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