Luigi Nicolais

24 Marzo 2014

Torniamo sul tema che abbiamo scelto e che ci terrà impegnati su una lunga serie di interviste.
Obiettivo: sviscerare, ma proprio fino in fondo, un binomio che appare scontato nelle premesse teoriche e che, invece, la politica spesso trascura quando si tratta di tradurlo in azioni sul piano della concretezza e che, anche gli uomini di scienza, tengono da conto molto più nei convegni e nei trattati che non nei fatti. Senza dubbio è un terreno su cui giocare la sfida dello sviluppo in un mondo che sta cambiando e che forse è già cambiato. Percheacute; su una cosa nessuno ha dubbi. Si è competitivi per qualità, creatività, esclusività e benessere prodotto.
Di sicuro a interrogare Luigi Nicolais – ingegnere chimico ordinario della Federico II con una esperienza politica ormai consolidata e oggi a capo del Cnr – non si trova traccia neacute; delle distrazioni dei primi neacute; del tecnicismo dei secondi.
“La ricerca – ribadisce il Fondatore dell’Imast (distretto tecnologico sull’ingegneria dei materiali polimerici e strutture) – non è una opzione ma una necessità per lo sviluppo. Dunque non è una spesa ma un investimento. Oggi il numero dei ricercatori che escono dalle nostre università non raggiunge la massa critica che serve per incidere signficativamente sullo sviluppo. Una carenza spesso mascherata dall’alta qualità dei nostri chimici, ingegneri piuttosto che genetisti o biotecnologi ma anche in questo caso facciamo poco o nulla per trattenere in Italia i nostri migliori cervelli.

D. Lei è stato l’artefice dei centri regionali di competenza proprio per mettere in rete la conoscenza al crocevia di diverse discipline e avviare un cammino verso l’utilizzo industriale dei brevetti. Oggi un sistema maturo che fa della Campania la regione che investe di più in Italia in termini di Pil per la ricerca. Cosa non ha invece funzionato in Italia in questi anni?
R. L’innovazione e la ricerca non sono stati messi al centro delle politiche anticicliche in Italia come nel resto d’Europa. Neacute; queste politiche hanno conquistato la centralità che devono avere per lo sviluppo e il progresso delle nostre regioni e città e dunque delle popolazioni che ci vivono. In Italia col numero attuale di ricercatori non possiamo essere competitivi. Se il nostro Paese non si rende conto che la competitività delle imprese è basata principalmente sulla capacità delle stesse di riempire di conoscenza i prodotti, quindi di competere sulla qualità e sull’innovazione e non sul costo della manodopera, non riusciremo mai a essere tra i primi Paesi del mondo.

D. Il mondo è cambiato, negli ultimi lustri c’eacute; stato un epocale cambiamento di politiche industriali nei paesi emergenti. Regioni del mondo come Cina e India sfornano migliaia di ingegneri ogni anno nelle Università di mezzo mondo. Siamo ancora in grado di competere sul piano della qualità?
R. La qualità non è solo una questione tecnica, è conoscenza che si mischia con l’innovazione, le idee, la creatività e la società. E su questo piano esprimiamo il massimo delle potenzialità. E’ chiaro che il sistema si è globalizzato e i Paesi europei devono sempre di più diventare Paesi in cui la produzione della conoscenza e l’utilizzazione del saperi prodotti rappresentano i punti di forza per la competizione delle nostre imprese.

La crisi incide sulla risorsa umana. I contratti sono fermihellip;

Appunto, è una questione di scelte che spetta alla politica compiere. Oggi siamo in difficoltà anche per i rinnovi di contratti precari a tempo determinato. Per l’assunzione nel Cnr come in altri centri di eccellenza di personale a tempo indeterminato abbiamo bisogno delle autorizzazioni governative, del ministero dell’Università e ricerca, del ministero delle Finanze, del dipartimento della Funzione pubblica. Questo ovviamente è un nodo che va sciolto in tempi brevi per venire fuori dal tunnel. La produzione di conoscenza ad alto livello scientifico, soprattutto al Sud significa creare nuove condizioni di sviluppo dell’economia. Ma è sulla qualità che ci giochiamo la partita più importante. Non è abbassando i prezzi che questo
paese può sperare di essere competitivo con i paesi emergenti .

D. Il Cnr è sempre più un luogo di cerniera tra l’Università e il mondo produttivo. Ma potenziare e razionalizzare le attività di ricerca finalizzata al mercato non rischia di penalizzare la ricerca pura da cui vengono le innovazioni più radicali?
R. L’una cosa non esclude l’altra. Occorre fare rete tra ricerche e ricercatori che si arricchiscono l’un l’altra e sono interdipendenti. Le risorse non possono essere una variabile indipendente e anche la spendibilità sul mercato è l’obiettivo finale dell’attività di uno studio che spesso richiede anni e ingenti investimenti. Semmai bisogna migliorare sul piano dei brevetti e della tutela dei prodotti frutto dell’ingegno. ***

D. La qualità come si esprime in politica?
R. Con le scelte: pensate, coraggiose e utili.

D. Faccia un esempio
R. Da ministro ho attuato una direttiva sulla trasparenza dei compensi e sul monitoraggio della qualità. Poi la cosa è diventata quasi di moda. Far cadere il segreto sul compenso dei dirigenti pubblici e rendere obbligatoria la pubblicazione on-line non è un esercizio demagogico bensigrave; un atto per migliorare le qualità dirigenziali, di amministrazione e consulenza e in generale di gestione. Un importante strumento di controllo sull’attività della pubblica amministrazione da parte dei cittadini saldando cosigrave; il rapporto eletto-elettore sul piano della lealtà e trasparenza.

D. Ma la conoscenza non sempre fa rima con coscienza.
Non ci si deve certo fermare all’anagrafe pubblica degli incarichi. La qualità significa liberare le energie delle imprese e fare della Pubblica amministrazione un acceleratore di sviluppo anzicheacute; un elefante zavorra per la crescita. A questo scopo è importante anche il monitoraggio della qualità. Serve una pubblica amministrazione che costi il meno possibile, che funzioni, che sia reattiva alle richieste dei cittadini, dinamica e capace di competere nel contesto internazionale. Percheacute; è sulla qualità che ci giochiamo la partita della competitività.

D. La minaccia cinese: emblema del consumismo a basso costo con un elevato livello di scorrettezza intrinseca: leggi falsificazione, scarse tutele lavorative e poca a nulla attenzione all’ambiente. Come si fronteggia tutto questo?
R. Proprio con la cura della qualità a tutti i livelli. Non è il prezzo basso, ma l’alta qualità il terreno su cui vincere la partita della competitività. E questo vale sia nell’elettronica, sia nelle bioscienze sia nell’agroalimentare. Tutti settori in cui l’Italia e la Campania in particolare vantano eccellenze di coltivare e consolidare a tutti i costi. Come Cnr siamo al fianco di questi elementi pregiati dell’economia meridionale per garantire l’innovazione e una produzione sempre più ecosostenibile garantendo maggiore competitività in Europa.

Buone notizie dunquehellip;
Buone notizie se anche la politica facesse fino in fondo la propria parte.

D. Lei è stato un politico
R. C’è una notevole resistenza al cambiamento e anche la società civile deve essere all’altezza del compito. Non sempre è cosigrave;. E in tempi di vacche magre il compito è oggettivamente più difficile da condurre avanti.

Nicolais risponde punto per punto ma parla anche dei progetti, delle cose fatte e da fare alCnr. Come i lavori per ilpolo agroalimentare di Porticie l’idea di aprire nuove sedi, quasi tutte immaginate nei pressi delle Università. Costruire reti immateriali, distretti della conoscenza senza limiti fisici ma con una contiguità anche di luoghi per fare delCnrun ente con dignità universitaria. Per avere dottorati, e tesi, e rendere la collaborazione già proficua con gli Atenei campani, più organica. Strutturale. Come oggi lo sono i centri regionali di competenze ormai capaci di camminare in molti casi sulle proprie gambe e giunti alla versione 2.0 o magari 3 o anche 4.0.”Lavoro per far diventare il Cnr il riferimento per il trasferimento della conoscenza al settore produttivo e sociale in Italiardquo;.

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